destionegiorno
La poesia non va pensata, è fulmine dell'anima, vento nelle ossa, gelo sulla lingua, ecchimosi nel cuore. La poesia è musica del dolore, calore nelle vene, velo nero sulla gioia, sangue negli occhi, pugni nel ventre, fiori nella gola. La poesia è l'immensità del niente. ... (continua)
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Vedi
ti devo seppellire
e nella stessa fossa
seppellirò il mio cuore.
Vedi
ti devo dimenticare
per non impazzire
per non sentire le tue mani
la tua bocca
i tuoi seni
sulla mia pelle
che sta per squamare.
Vedi
ti devo seppellire
e io stesso... leggi...
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’Mbriacu
du to sciatu
da to vuci
du to sapuri
da to pelli
duci
comu o meli
Veni cca
e varda
l’occhi mei
lampanati
e lacrimusi
mi gira a testa
e sbandu
pi li strati
’Mbriacu
da to bucca
da to carni
da to lingua
amara
comu a... leggi...
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Chiedetelo a mia madre
se sono figlio
o se sono fratello
svegliatela dalla tomba
e portatela qui
davanti a me, adesso
in questo momento.
Chiedetelo a mia madre
se sono astro nascente
figlio di puerpera
o granello di sabbia
disperso nel... leggi...
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Demetrio Amaddeo
Tutti li jorna quandu mi virivi
u cafè nta lu bar mi pavavi,
i luntanu già mi salutavi
ti mbicinavi e nta facci mi baciavi,
i mia cchjù nun ti sciuppavi.
Eri n’amicu u pozzu propriu diri
e di tia mi putivu propriu fidari,
eri n’amicu difficili a truvari.
Nu jornu però scopria
ca tuttu chistu affettu
era sulu nu pretestu
e ri buci di la genti m’insospittia.
Quandu passiavi nto stratuni
c’ era nu cuntinu murmuriari,
strani gesti e puru li cugghiuni
si continuavunu a tuccari.
Giuvanni u tambutaru ti chiamavi
e tu a mia viatu vulivi sutterrari.
traduzione
Giovanni il becchino
Tutti i giorni quando mi vedevi
il caffè al bar mi pagavi,
da lontano già mi salutavi
ti avvicinavi e sul viso mi baciavi,
da me non ti staccavi più.
Eri un amico lo posso affermare
e di te mi potevo fidare,
un amico difficile da trovare.
Un giorno però ho scoperto
che tutto questo affetto
era solo un pretesto
e dalle voci della gente mi sono insospettito.
Quando passeggiavi sul corso
sentivo un continuo chiacchierare,
strani gesti e anche i coglioni
si continuavano a toccare.
Giovanni il becchino ti chiamavi
e tu in breve tempo mi volevi sotterrare. |
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