destionegiorno
La poesia non va pensata, è fulmine dell'anima, vento nelle ossa, gelo sulla lingua, ecchimosi nel cuore. La poesia è musica del dolore, calore nelle vene, velo nero sulla gioia, sangue negli occhi, pugni nel ventre, fiori nella gola. La poesia è l'immensità del niente. ... (continua)
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Vedi
ti devo seppellire
e nella stessa fossa
seppellirò il mio cuore.
Vedi
ti devo dimenticare
per non impazzire
per non sentire le tue mani
la tua bocca
i tuoi seni
sulla mia pelle
che sta per squamare.
Vedi
ti devo seppellire
e io stesso... leggi...
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’Mbriacu
du to sciatu
da to vuci
du to sapuri
da to pelli
duci
comu o meli
Veni cca
e varda
l’occhi mei
lampanati
e lacrimusi
mi gira a testa
e sbandu
pi li strati
’Mbriacu
da to bucca
da to carni
da to lingua
amara
comu a... leggi...
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Chiedetelo a mia madre
se sono figlio
o se sono fratello
svegliatela dalla tomba
e portatela qui
davanti a me, adesso
in questo momento.
Chiedetelo a mia madre
se sono astro nascente
figlio di puerpera
o granello di sabbia
disperso nel... leggi...
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Demetrio Amaddeo
Le sue 663 poesie
Dove stiamo andando
cosi spavaldi
con in faccia il vento
e alle spalle un mare nero
timido ma vero
che ci fa dimenticare
i passi sulla spiaggia
di passati amori.
Sei la mia sopravvivenza
la dimenticanza di inutili stagioni
sei la mia
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Ci sono stelle in equilibrio
tra i sogni e un colorato cielo
e i poeti disegnano sul foglio
un tormentato viaggio di parole.
Ci sono notti di viandanti folli
e orchestre di violino nell’aria spoglia
voglie passeggere nell’infinita mente
di
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E ancora non è finita questa giornata
giuro che sarebbe stato meglio morire
e invece ho continuato a camminare
come un deficiente a sparare cazzate
facendo finta di vivere, sorridere, respirare
ad annaspare nella mia e nella vostra merda.
Sono
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Desidero l’amore
lasciarmi soggiogare
dal fumo dell’incenso
l’incessante fiamma.
Desidero l’amore
accecante passione
che intreccia le mie vene
e perdo la ragione.
Desidero l’amore
conturbante attimo
che trasforma il corpo
in anestetico
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Mi piaci quando godi
e dalla bocca emani
il fuoco di mille stagioni.
Mi piaci
e del tuo godere godo
mentre dalla luna in fiamme
gocciola rugiada e mi disseto.
Mi piaci quando ti chini
Venere sul mio altare
e poi mi chiedi di afferrare
del
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Sfiniscimi
bacia la mia origine
la desinenza che ho tra le gambe
non voglio più appartenenza
se non a te
alle tue cosce bianche
al fiume che straripa su di me
e mi disseto.
Sfiniscimi
cavallo imbizzarrito e bava alla bocca
galoppa con me verso
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Avanti, prego accomodatevi
il tappeto è steso
il pranzo è servito
versi impiccati al lampadario;
chi per sfogo e chi per solitudine
sfila a capo chino sul palco di un teatro
lercio e raffazzonato.
Si nota un filo, una piroetta, un ladro,
e pure
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Per le vie solitarie della notte
sbando
come un cieco, un ubriaco, un pazzo
e non comprendo.
La luce che si accende in fondo al mare
non mi da il coraggio
di oltrepassare le barriere
del libeccio
e diventare finalmente uno di voi
per esempio
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Con quali occhi
se non ho più occhi
come posso raccontarvi dei graffi
come posso guardare da questo lucernario
il mondo che sembra un formicaio
tanti insetti in cerca della propria merda
eppure nell’aria ancora si respira aria
eppure la gente
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Mi sto sciogliendo
come il sale nel mare
come il tempo nel tempo
come l’alba nel pianto
come un fulmine sull’asfalto
come il niente nella bocca di Dio.
Per questo prendimi
succhiami l’anima e sfiniscimi
prima che lo faccia la notte
e non avrò
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Non voglio più parole
canto e voce
per riempire i vuoti
lasciati dalla tua assenza.
Adesso che sei un’ombra
crocifissa sulla mia desinenza
scrivi per me una poesia
ma che sia tutta per me
solo per me
così come ho fatto io
lasciando sul foglio
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Ci meritiamo attimi d’infinito
come la luna merita il cielo
e la vita il respiro.
E ci incammineremo nudi
verso la pianura dei folli
dove dormono gli uccelli
sui rami dell’amore.
E passeremo dal sentiero
di una già vissuta
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Chiamami
chiamami con il mio nome
così come mi chiamava mia madre
quando ero giù a giocare
a spaccare le vetrate
le ginocchia e le suole.
Chiamami con il mio nome
cosi, in modo naturale
così come faceva mio padre
per farmi alzare dal letto
e
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Eravamo tutti lì
seduti sul muretto
occhi azzurri
e gambe penzoloni
sbucciate sul ginocchio.
Le nostre non erano parole
ma urla perse nell’aria
e facevano breccia
come tiri di fionda
in un cielo senza ombre.
Non pioveva mai.
Ancora oggi
con
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E tornerai da me sbavando amore
tornerai con quel solito pallore
del tempo che segna e non perdona.
E m’ingoierai in un boccone
appagando l’infinita fame
d’essere priva di quell’appendice
che gocciola miele ma non nutre.
E t’aspetterò sornione
con
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