destionegiorno
La poesia non va pensata, è fulmine dell'anima, vento nelle ossa, gelo sulla lingua, ecchimosi nel cuore. La poesia è musica del dolore, calore nelle vene, velo nero sulla gioia, sangue negli occhi, pugni nel ventre, fiori nella gola. La poesia è l'immensità del niente. ... (continua)
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Vedi
ti devo seppellire
e nella stessa fossa
seppellirò il mio cuore.
Vedi
ti devo dimenticare
per non impazzire
per non sentire le tue mani
la tua bocca
i tuoi seni
sulla mia pelle
che sta per squamare.
Vedi
ti devo seppellire
e io stesso... leggi...
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’Mbriacu
du to sciatu
da to vuci
du to sapuri
da to pelli
duci
comu o meli
Veni cca
e varda
l’occhi mei
lampanati
e lacrimusi
mi gira a testa
e sbandu
pi li strati
’Mbriacu
da to bucca
da to carni
da to lingua
amara
comu a... leggi...
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Chiedetelo a mia madre
se sono figlio
o se sono fratello
svegliatela dalla tomba
e portatela qui
davanti a me, adesso
in questo momento.
Chiedetelo a mia madre
se sono astro nascente
figlio di puerpera
o granello di sabbia
disperso nel... leggi...
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Demetrio Amaddeo
Ci siamo avvelenati
intossicati da una nube che comprime il cuore
non ricordo bene quel giorno dove eravamo
cosa facevamo e in quale filo eravamo sospesi
però ricordo il vuoto sotto i piedi
il precipizio e la terra che franava
eravamo infettati d’azzurro e contaminati di vita.
Adesso nelle vene scorre veleno
che arriva alle tempie e scortica il cervello
ci siamo rifugiati dentro lo stesso tempio
io testa all’ingiù, tu prostrata a scie senza ritorno
ci siamo scoperti uguali ma pregavamo un Dio diverso.
Ti ricordi com’erano imponenti le querce
tra i prati in fiore e senza trappole intorno?
Ti ricordi quando all’improvviso fece l’alba
ed io mi sono ritrovato nudo al bivio
tra un sogno isterico e l’istinto di volare oltre la palude?
Quel giorno riempimmo ampolle di siero e di carne
strappammo gli occhi agli angeli
e trafugammo luce dal cielo di ghirlande
quel giorno non volevi farmi andare via
e volevi rapirmi l’anima
ma la mia anima è chiusa a chiave nelle patrie galere
vive nell’abitudine e nelle miserie
tu hai cercato in tutti i modi di forzare le serrature
per oppormi ti ho morso il collo sette volte
e sette volte sono morto
e ti ho morso i seni sette volte
e sette volte sono risorto.
Adesso che il sangue mio è amaranto
il vento lambisce le ossa e non distinguo più
l’alba dal tramonto
segno il passo e sotto la lingua
ho tracce di cicuta e ragnatele.
Non è facile tenersi estranei
da quest’onta di sabbia che travolge
facile è ritrovarsi ciechi nel deserto delle ostie.
Raggrumo saliva e non ho il sopravvento su me stesso
aspetto solo di essere condannato e giustiziato
per apologia di coscienza.
Chissà se ci sarà il tempo per rimediare
scontare la pena e ritornare pulito più di prima
per guardare le nuvole sfuggite agli itinerari
un attimo prima che si faccia sera. | 

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